IL MIO NOME È ORO

oro

Il mio nome è Oro e non so più dove mi trovo.

Non ricordo di aver avuto sogni da bambino. Ma se una zingara, una maga, un’indovina avesse previsto il mio futuro, io le avrei riso in faccia.

E avrei sbagliato due volte. La prima perché non si ride in faccia alla gente, lo so per esperienza, la seconda perché nella mia condizione non ho molti motivi per ridere.

No, non è sempre stato così. Ho avuto giorni migliori. Quando la mia arte attraversava le tele rendendole accese e vibranti. Il mio nome echeggiava tra  mostre importanti e critiche eccellenti. E nel frattempo, m’innamoravo di Sara.

Poi, non so com’è stato, cosa è stato, le luci si sono spente.

Sara?  L’ho assassinata.

Non è vero, ma è meno triste della verità. La verità è che nessuno è insostituibile e c’è sempre qualcun altro pronto a rubare le tue creature. Che poi non erano neppure mie, perché, come si sa, niente è veramente nostro in questa vita, neanche la nostra vita.

È stato l’inizio della discesa, l’inarrestabile caduta nel precipizio. Perché andando avanti, una volta che s’inizia a perdere una cosa, si finisce per perdere tutto. La rivelazione? Non ho più paura, di cosa dovrei avere paura?

Delle responsabilità. Delle scelte che ora possono essere felici o infelici a loro piacimento, dei rapporti sessuali falliti, dei giudizi e dei pregiudizi degli altri. Dell’apparire sempre sobrio, inquadrato e politicamente corretto? Di dare un voto sbagliato? Di non essere compreso? Di non comprendere le pose di chi finge di esserti amico e poi ti pugnala alle spalle? Di avere l’alito cattivo? Di guardarmi allo specchio e non sentirmi la persona che ci vedo dentro? Di cambiare opinione? Dei labirinti, degli ingorghi della mente e del cuore? Di sapere o non sapere perdonare? Di amare, di non sapere amare? Di dovere indossare una qualsiasi armatura per difendermi da chissà quali mostri? Di vivere? Di morire? No. Nessun timore adesso. Nessuna remora. Sono libero, libero da ogni perverso ingranaggio esistenziale.

Ed ho un solo, unico amico: il tempo.

Il tempo è la mia lente d’ingrandimento e mi dà modo di osservare ciò che accade fuori. E non è un bello spettacolo. E’ un mondo senza fiato.  E penso: anche io ero lì qualche vita o qualche morte fa, a sbattermi da mattina a sera. Perché è tutto un vortice la vita.

Ho visto cortei, liti fra automobilisti, donne isteriche, uomini sbalorditi, prostitute di strada e di mestiere, puttane di nascita pronte a vendersi l’anima e la vita al migliore offerente. Ho visto vomitare atti osceni sotto forma di raffinati complimenti, ho visto squallidi individui travestiti  da padri affettuosi e madri lacrimose munite di coltello, cronisti sciacalli  vivisezionare  sentimenti.

E poi, ho visto spiriti infelici vagare nell’indifferenza, ombre di tenebrosa luce avanzare minacciose, armate della loro stessa paura. Dannatamente emarginati.

Il mio nome è Oro e non so più dove mi trovo.

                                                                                              Massimo Morrone

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