Fabrizio Caramagna. Il quinto punto cardinale: l’Empatia

Dalla paura di amare… all’empatia: il quinto punto cardinale da seguire

Siamo arrivati all’ultimo appuntamento di questa stagione con Fabrizio Caramagna (perché ancora a lui non l’ho detto ma spero che da settembre, ogni tanto torni a parlare con noi…)

Visto il successo dell’ultima volta abbiamo rifatto “Il gioco delle parole”. Il risultato è un bellissimo excursus sui sentimenti: dalla paura di amare all’empatia…

Se dico la parola tatto? Cosa ti viene in mente?

Questa è una parola che mi piace moltissimo. Tatto è “contatto, è sfiorare l’altro. Alla parola “tatto”penso ad un gesto bellissimo che noi non facciamo mai: prendere il palmo della nostra mano e poggiarlo sul cuore dell’altro, noi non sentiamo mai i battiti del cuore dell’altra persona ..stiamo insieme eppure non abbiamo mai messo la mano sul cuore dell’altro...

…L’empatia è una cosa che stiamo perdendo, siamo tutti empatici a parole ma poco nei fatti…l’empatia dovrebbe essere il quinto punto cardinale da seguire…

Per entrare in empatia non basta accogliere.

Bisogna toccare la pelle dell’altro dall’interno,

bisogna farsi sale dentro le sue lacrime,

bisogna farsi luce dentro il suo sorriso,

bisogna farsi tamburo dentro i battiti del suo cuore.

– Fabrizio Caramagna

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Le parole che non so dirti

ph  Kiyo Murakami

Le parole che non so dirti,

zampillanti dal cuore, tacciono dalle labbra.

Bramanti di accarezzarti, ti sfiorano in silenzio.

Aspirano a straripare, ma si ritirano discrete.

Cariche di commozione, inondate di gioia.

Così colme d’amore,

 da invadere l’universo, intenerire le rocce, sommergere gli oceani.

Brillano nei miei occhi,

danzano nel mio cuore.

Silenziose, vibrano dentro di me.

Le parole che non so dirti

parlano di te.

Solo dentro di me.

 

Marilena Dattis

Riprendo il mio blog in Divenire

Ludovico Einaudi – “Divenire” – Live @ Royal Albert Hall London

Emozioni

È sempre difficile rimettersi a scrivere dopo tanto tempo, ritrovarsi davanti una pagina bianca e non sapere come riempirla, eppure senti, profondamente dentro di te, il bisogno e la brama di scrivere.

Cosa si fa in questi casi? Si apre e si richiude migliaia di volte quella pagina, che continua a rimanere sempre, irrimediabilmente bianca.

Fino al momento in cui, le parole si fanno spazio da sole, sgomitando , confondendosi con un’infinità di pensieri che non riescono a trovare ordine. Eppure quell’ordine lo cercano, lo invocano, lo implorano…

Miriadi di parole che affollano la mente e che non riescono a trasformarsi in concetti, che non arrivano a diventare frasi di senso compiuto, ma solo parole. Parole vuote, parole inutili, parole sciocche, parole fredde, parole in divenire.

E allora chiedi aiuto alla musica, da sempre musa ispiratrice, e che per anni ti ha accompagnato nel processo creativo, rivelandosi una fantastica complice.

Basta un click, ed eccola lì pronta a guidarti, attraverso le note di Ludovico Einaudi, che dolcemente cominciano a diffondersi nell’etere, così delicatamente, quasi a voler placare la confusione che regna sovrana nella tua testa.

Ed ecco che le parole, rapite dalla musica, iniziano a muoversi gradualmente insieme alle note, ed acquistano forma, cominciando a vivere di vita propria.

Le dita sulla tastiera scorrono veloci autonomamente e freneticamente perché non riescono a tenere il ritmo incalzante delle parole, che, anarchicamente, danzano a tempo di musica .

Poi il tempo rallenta, la musica si fa più dolce e la tastiera diventa un’amica alla quale vorresti confidare le sensazioni più segrete e più difficili da esternare… ma è solo un attimo, un respiro.

L’arte dei suoni riprende il suo ritmo veloce e le dita pigiano semplicemente sulla tastiera come le mani del  pianista sul pianoforte,  l’enfasi ti avvolge e cominci a sentirti tutt’uno con la musica, che, improvvisamente, ti rapisce per condurti in un’altra dimensione, dove tutto è possibile, tutto è plausibile, dove non esistono divisioni tra parole e note ma insieme danzano dandosi la mano e ti accompagnano in questo viaggio surreale e bellissimo, ed è così che non pensi più a quello che volevi scrivere, che non è poi così importante, quanto la magnifica esperienza che stai vivendo…e ti commuovi…ti senti felice perché hai ritrovato quella parte di te che sembravi aver perso e che forse non avevi tanta voglia di ritrovare, ma lei sì, voleva essere ritrovata, non amava le tenebre in cui l’avevi nascosta e chiedeva di venire alla luce, quella luce che per tanto, troppo tempo, le avevi negato. Non per cattiveria o masochismo ma perché non lo ritenevi un elemento così importante, così fondamentale per la tua sopravvivenza. Ti sbagliavi, certo non era importante per sopravvivere, ma per Vivere pienamente sì.

Il Maestro continua a suonare: Divenire, niente di meglio in questo mio delirio, la dolcezza della musica mi avvolge e mi lascio trasportare senza apporre alcuna resistenza, abbandonandomi completamente al divenire. Le parole riprendono a fluttuare lievemente, finalmente libere dalle zavorre a cui erano rimaste legate, non sono più avvinghiate tra di loro ma librano nell’aria leggere e felici, libere di potersi muovere, di danzare, di volare e perché no anche di cadere, ma è una caduta libera e consapevole e per questo dolcissima.

Il Maestro si ferma, il brano è finito.

Le sue dita si staccano dalla tastiera e le parole restano sospese a mezz’aria , poi si voltano a guardarmi, sorridendo mi vengono incontro e mi circondano avvolgendomi in un caldo abbraccio. Chiudo gli occhi e sorrido felice.

Ben ritrovati nel mio nuovo blog.